Traduction from page 168 to 170
He that’s coming must be provided for
William Shakespeare, Macbeth (1605-06), Act I,Scene 5
[Entra Lady Macbeth,leggendo una lettera]
LADY MACBETH
Mi sono apparse nel giorno della vittoria, e ho avuto la conferma più chiara che hanno cognizioni più che umane. Mentre bruciavo dalla voglia di fare altre domande, si cambiarono in aria e nell’aria svanirono. Mentre ero stordito dallo stupore, arrivarono messi dal Re, e tutti mi salutarono barone di Cawdor, proprio il titolo col quale prima queste Sorelle del Destino mi avevano riverito, portandomi poi nel tempo da venire con «Salve, tu che sarai re». Tanto ho creduto bene comunicarti, mia carissima compagna di gloria, che tu possa non perdere la tua parte di gioia restando all’oscuro di quale grandezza ti è promessa. Il che serbalo in cuore, e a presto.
Glamis lo sei, e Cawdor, e sarai
ciò che ti è promesso. Però temo la tua natura:
è troppo piena del latte dell’umana dolcezza
per scegliere la via più breve. Vorresti
essere grande, e non senza ambizione,
ma senza la malizia che dovrebbe accompagnarla.
Ciò che vuoi fortemente
lo vuoi da onesto, non vorresti far torto
eppure vuoi vincere a torto. Grande Glamis,
vuoi avere ciò che grida, «Devi far questo» per averlo,
e ciò che hai paura di fare, più che voglia
che non sia fatto. Vieni presto
che io possa versarti nell’orecchio i miei demoni
e col valore della mia lingua battere
ciò che ti tiene lontano dal cerchio d’oro
con cui il destino e l’aiuto metafisico
pare vogliano incoronarti.
[Entra un messo]
Che notizie?
MESSO
Il re viene qui stasera.
LADY MACBETH
Cosa dici, sei pazzo?
Non è con lui il tuo padrone? Fosse vero,
ci avrebbe avvertiti, per preparare.
MESSO
Signora, è vero. Il barone è in arrivo;
uno dei miei compagni l’ha preceduto
e quasi morto d’affanno non aveva fiato
per mettere assieme l’annunzio.
LADY MACBETH
Curati di lui:
porta una grande notizia. Il messo esce.
È rauco anche il corvo
che gracchia l’ingresso fatale di Duncan
sotto le mie merlature. Venite, spiriti
addetti ai pensieri di morte, strappatemi
questo mio sesso, riempitemi,
dal cranio ai piedi, della ferocia più cruda.
Fatelo denso, il mio sangue, sbarrate la porta
e il passo al rimorso, che nessuna compunta
visita della natura faccia tremare
il mio impegno feroce, o si metta
tra di esso e la sua attuazione.
Venite ai miei seni di donna e mutate
il latte in fiele, agenti di morte che ovunque
servite, invisibili, la natura malvagia.
Vieni, notte cupa, e avvolgiti
nel fumo infernale più buio
che il mio coltello tagliente non veda
la ferita che fa, né il dio si sporga
dalla coltre di tenebra per gridarmi:
«Fermati, fermati»!
[Entra Macbeth]
Grande Glamis, nobile Cawdor!
E ancora più grande nel saluto da venire!
La tua lettera m’ha portata di là
di questo presente ottuso, e ora sento
il futuro nell’attimo.
MACBETH
Mio amore carissimo,
Duncan viene qui stasera.
LADY MACBETH
E quando va via?
MACBETH
Domani, ha stabilito.
LADY MACBETH
Oh mai
sole vedrà quel domani!
Il tuo viso, signore, è come un libro
dove ognuno può leggere
cose strane. Per frodare il tempo
prendine l’aspetto. Portino il benvenuto
l’occhio, la mano, la lingua. Mostrati
come il fiore innocente, ma sii il serpe
lì sotto. A questi che arriva
bisogna provvedere; e tu metterai
nelle mie mani la grande opera di stanotte,
quella che a tutte le nostre notti e ai giorni
futuri darà, solo a noi, potere sovrano e dominio.
MACBETH
Ne riparleremo.
LADY MACBETH
Spiana soltanto il tuo viso.
Un viso turbato genera sempre sospetti.
Il resto, lascialo a me.