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GLicata 5A - T.S.Eliot. Modernist Poetry and The Waste Land (translated poetry)
by GLicata - (2013-03-19)
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T.S. Eliot (1888–1965).  Prufrock and Other Observations.  1920.

1. The Love Song of J. Alfred Prufrock

S’io credesse che mia risposta fosse

A persona che mai tornasse al mondo,

Questa fiamma staria senza piu scosse.

Ma perciocche giammai di questo fondo

Non torno vivo alcun, s’i’odo il vero,

Senza tema d’infamia ti rispondo.


 

 

E andiamo allora, tu ed io 

Quando la sera si espande verso il cielo 

 

Come un malato anestetizzato su un tavolo; 

 

Andiamo, attraverso strade mezze deserte, 

 

Strade che si susseguono  come un argomento tedioso

 

Con un proposito insidioso 

 

Per condurti a una domanda opprimente …. 

 

Oh, non domandare "che cos’è?"

Andiamo a compiere la nostra visita. 

Dentro la stanza donne  vanno e vengono

 

Parlando di Michelangelo. 

 

La gialla nebbia che strofina il suo dorso sui vetri delle finestre

Il giallo fumo che strofina il suo muso sui vetri delle finestre

Con la sua lingua leccò gli angoli della sera, 

Rimase sopra le pozze delle fogne,

Cadde sul suo dorso la fuliggine che esce dai camini,

Scivolò sulla terrazza, fece un improvviso balzo,

 

E infatti ci sarà tempo

Per il giallo fumo che scorre lungo la strada,

Strofinando il suo dorso sopra i vetri delle finestre;

Ci sarà tempo, ci sarà tempo

Per preparare una faccia per incontrare le facce che tu incontrerai;

Ci sarà tempo per uccidere e creare,

E tempo per tutti i lavori e i giorni di mani

Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;

Tempo per te e tempo per me 

E ancora tempo per una centinaia di ripensamenti 

E una centinaia di visioni e revisioni 

Prima di prendere un toast e un tè.

 

 

Dentro la stanza donne  vanno e vengono

Parlando di Michelangelo.

 

E infatti ci sarà tempo 

Di domandarsi, "Posso osare?" e, "Posso osare?" 

Tempo di voltarsi indietro e scender la scala 

Con una chiazza calva in mezzo ai miei capelli---

(Loro diranno "Come sono cresciuti i suoi capelli radi!") 

 

Il mio cappotto da mattino, il mio colletto sistemato fino al mento, 

La mia cravatta ricca e modesta, ma fissata da un semplice spillo---  

(Loro diranno “Ma come sono esili le braccia e le gambe!") 

Posso osare 

Disturbare l'universo? 

In un minuto c’è il tempo 

Per decisioni e revisioni ciò che in un minuto si invertiranno.

 

Perché le ho già conosciute tutte, tutte conosciute: - 

conosciuto le sere, i mattini, i pomeriggi, 

Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè; 

So delle voci morenti che muoiono in declino 

Sotto la musica che viene da una stanza più lontana. 

E come potrei pensarlo? 

 

E ho già conosciuto tutti gli occhi, tutti conosciuti - 

Gli occhi che ti inchiodano in una frase definita 

E quando sono definito, appuntato a uno spillo, 

Quando sono trafitto e mi divincolo sul muro 

Come allora potrei iniziare 

A sputare i monconi tutti dei miei giorni e dei miei modi? 

E come potrei pensarlo? 

 

E ho già conosciuto le braccia, tutte conosciute - 

Braccia che sono ingioiellate e bianche e nude 

(Ma alla luce di una lampada, abbattute da una scura peluria!) 

È il profumo che emana da un vestito 

Che mi fa così divagare? 

Braccia che mentono  su un tavolo, o avvolte in uno scialle. 

E come potrei pensarlo? 

E come potrei cominciare? 

... 

Direi, ho camminato al crepuscolo per vicoli stretti. 

E ho guardato il fumo che sale da pipe 

D'uomini soli in manica di camicia affacciati a finestre? 

 

Avrei potuto avere un paio di robusti artigli. 

Che graffiano il fondo di mari silenziosi. 

... 

E il pomeriggio, la sera, dorme così in pace! 

Accarezzata da lunghe dita, 

Assopita... stanca... o sfingendosi malata. 

distesa sul pavimento, qui fra te e me. 

Potrei allora, dopo il tè e i dolci e i gelati. 

Avere la forza di forzare il momento della sua crisi? 

Ma benché abbia pianto e digiunato, pianto e pregato, 

Anche se ho visto il mio capo (cresciuto un po’ calvo) portato su un piatto, 

Non sono un profeta - e questa è ben poca cosa; 

Ho veduto l'attimo della mia grandezza vacillare 

Ho veduto l'eterno Valletto porgermi il cappotto e sogghignare 

E in breve, ero impaurito. 

 

E ne sarebbe valsa, dopo tutto, la pena, 

dopo le coppe, le marmellate, il tè 

fra le porcellane, fra qualche chiacchiera tua e mia 

Ne sarebbe valsa la pena nel frattempo 

prender di petto sorridendo l'argomento 

Contringere l'universo in una sfera 

Sospingerlo verso un'opprimente domanda 

Dire "Io sono lazzaro, vengo dai morti, 

ritorno per narrarvi tutto, vi dirò tutto" - 

Se una, assestando un guanciale sulla sua testa,

Dicesse: "Non è questo che intendevo. 

non è questo, per nulla." 

 

E ne sarebbe valsa, dopo tutto, la pena, 

Ne sarebbe valsa la pena 

dopo i tramonti e i cortili e le vie irrorate di pioggia, 

dopo i romanzi, le tazze di tè, dopo gli orli 

Delle gonne strascicate sul pavimento - 

E questo e altro ancora? - 

È impossibile dire ciò che penso! 

Ma è come se una magica lanterna gettasse la trama dei nervi su uno schermo 

Ne sarebbe valsa la pena 

se una, assestando un cuscino o gettando via uno scialle, 

E volgendosi alla finestra dicesse: 

"non è per nulla questo, 

non è questo che intendevo, per nulla" 

... 

No! Non sono il principe Amleto, non era mio destino; 

Sono un uno della corte, uno qualunque per 

ingrossare il corteo, iniziare una scena o due, 

avvisare il principe; facile strumento, senza dubbio, 

Rispettoso, contento d'essere utile, 

Equilibrato, prudente, preciso; 

Pieno di nobili sentenze, ma un po' ottuso; 

a volte, in verità, ridicolo- 

Quasi, a volte, il Giullare. 

 

Sto invecchiando... sto invecchiando... 

Porterò l'orlo dei miei pantaloni arrotolato. 

 

Scriminerò i miei capelli all'indietro? Oserò mangiare una pesca? 

Porterò i pantaloni bianchi di flanella e camminerò sulla spiaggia. 

Ho udito le sirene cantare, una ad una. 

 

Non credo canteranno per me. 

 

Le ho viste al largo, a cavalcare le onde 

Pettinare i bianchi capelli delle onde tornate indietro, 

Quando il vento sospinge l'acqua bianca e nera.

 

Abbiamo troppo indugiato nelle stanze del mare 

Con le figlie del mare avvolte dalle alghe rosse e brune 

Fin che voci umane ci svegliano, e affoghiamo