Learning Paths » 5A Interacting

FGiusti - Journal (15/10/2008)
by FGiusti - (2008-10-15)
Up to  Thinks - Personal ReflectionUp to task document list
 

15 ottobre 2008

Oggi, ore 9.20: comincia la lezione di Inglese

 

L'argomento della lezione, come potevamo facilmente immaginare e come ci era stato già riferito, era strettamente legato alla conferenza a cui abbiamo assistito ieri. Conferenza che mi ha lasciato, per altro, un po' perplessa: mi fa sempre un certo effetto (e anche piuttosto negativo) notare che quando una persona mi parla in inglese riesco a comprendere ancor meno di quel poco che speravo di comprendere. Dopo dieci anni di inglese tutta questa incomprensione sembra tutt'altro che promettente. Ad ogni modo il filo del discorso, in generale (ma molto in generale), sono riuscita a coglierlo. E qui è arrivato il secondo motivo di perplessità: gli argomenti su cui verteva tutto il ragionamento erano, per quanto mi riguarda, assolutamente inaspettati. E proprio su questi argomenti si è basata la lezione di oggi. Non che questo "preavviso" ci abbia aiutato molto: gli spunti erano molti e non certo tra i più semplici.

Ovviamente lo spunto principale era dato da quello che era esplicitamente il tema della conferenza: il rapporto tra esperienza e teoria nella letteratura delle lingue minoritarie (tema presente nello stesso titolo Ethnic Minority Writing and the Resistance to Theory: The Italian-Canadian Case). Ho trovato interessante questa contrapposizione tra teoria ed esperienza, di cui abbiamo discusso a lungo in classe, ma che personalmente non mi ero mai posta e ancor meno avevo pensato di considerare quale fonte di discussione. Da oggi quindi ho scoperto che i due aspetti possono essere effettivamente essere divisi. È dunque apparentemente possibile che esistano scrittori che scrivono prendendo esclusivamente in considerazione la teoria a prescindere dall'esperienza? Io continuo comunque a non crederlo. È piuttosto possibile il contrario, ovvero che una persona presa dalla foga di emozioni e sentimenti scriva senza tener conto della teoria: è di certo più probabile, sebbene io dubiti fortemente che i suoi testi saranno di facile comprensione. Quindi appare logica la soluzione che prevede una convivenza dei due aspetti (teoria ed esperienza) per ottenere un risultato ottimale.

Abbiamo scoperto in seguito che a "teoria" potevamo facilmente sostituire "postmodernismo" (dato che stiamo parlando di letteratura contemporanea) per rendere, forse, più chiaro il concetto.

Dico forse perché di certo non siamo specializzati su questo argomento e secondariamente perché l'unica sua caratteristica che abbiamo trattato fino adesso è quella dell'intertestualità: ogni opera sembrerebbe così riconducibile ad altre opere, o deriverebbe addirittura da altri testi. Tutto ciò mi ricorda molto il settimo capitolo di Thinks... in cui Helen Reed afferma che è assolutamente impossibile e forse insensato che uno scrittore tenti di "inventare" quando nei secoli sono già stati scritti miliardi di opere e contemporaneamente sono vissute miliardi di persone. Ma come può essere che una persona che ha dovuto immigrare - come nel caso specifico di questa conferenza - (in senso fisico, ma certamente anche culturale e linguistico) senta la necessità di usufruire di altri testi? A questo punto appare ovvio che se l'esperienza non può essere l'unico aspetto centrale dell'opera. Ma che altro bisogno potrebbe avere una persona di scrivere in una simile situazione? Se non è l'esperienza cosa può essere? I sentimenti descritti (ma si può parlare di sentimento o emozione a prescindere dall'esperienza e dalla causa dello stesso?), l'autore stesso (ma credo che buona parte del carattere di ogni individuo si formi a partire dalle esperienze) o magari la lingua (di certo è importante, in quanto veicolo della comunicazione, ma parlando di cultura italo-canadese anche una riflessione sulla lingua non sarebbe altro che un approfondimento su un aspetto particolare dell'esperienza dell'immigrazione).

A quanto pare siamo "immersi" nella cultura postmoderna senza sapere (almeno nel mio caso) nemmeno di cosa si tratta o come possa effettivamente conciliarsi con il nostro modo "abituale" di esprimerci. Facciamo (o faccio) quindi parte delle masse, a cui la teoria (e con essa una buona parte dei significati) non è accessibile. Pare che la lezione di oggi mi abbia lasciato ancor più perplessa della conferenza di ieri.