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Cervignano, 15 ottobre 2008
Caro diario,
oggi come tutte le volte che ho lezione con la Beltra, sono ritornata a casa convinta sempre più che le sue lezioni non sono semplici ore di didattica inglese, ma parlano anche e soprattutto di vita. La prof ha una particolare predisposizione a catturare la nostra attenzione attraverso metodi che coinvolgono la nostra curiosità e che ci lascia imbambolati a guardarla come se ci stesse rivelando la grande verità, quel che lei chiama silenzio significativo.
Oggi però secondo me siamo rimasti imbambolati non tanto per la grande lezione di vita, ma piuttosto perché la grande verità rivelata era l'argomento della conferenza Ethnic Minority Writing and the Resistance to Theory: The Italian-Canadian Case, tenutasi ieri a Udine, alla quale abbiamo assistito anche noi con la nostra prof.
Difatti la cosa che mi ha lasciata perplessa e mi ha fatto ritornare a casa sentendomi di un idiota pazzesco è stato il fatto che capivo poco e niente di quello che diceva il Professore Joseph Pivato. Solitamente non ho problemi di comprensione, anzi durante il viaggio in Inghilterra parlavo con la gente del posto, commesse, passanti e perfino con la donna delle pulizie che mi ha trattenuto in un lungo discorso. Solo un'altra volta mi è capitata un esperienza del genere: con i miei parenti australiani. Il cugino di mia madre mi parlava e io non capivo assolutamente niente. Hanno un accento e una cadenza strana. Così sarà anche per Pivato probabilmente.
Oggi per fortuna però la Beltra ha rispiegato quello che Pivato aveva detto e tutto sommato mi sono rallegrata perchè i concetti principali li avevo capiti.
Il nocciolo principale della conferenza era se l'Ethnic Minority Writing in Canada, composta da autori immigrati o da figli di immigrati, è solo espressione di realismo dei sentimenti, come la nostalgia, oppure è stata composta seguendo la cosìdetta teoria.
Il professor Pivato contrapponeva teoria ed esperienza, sostenendo che gli scrittori scrivono presi solamente dalla voglia di esprimere le loro emozioni e sentimenti, la loro nostalgia, senza prendere in considerazione la teoria.
C'era chi però aveva un parere discordante: secondo un altro punto di vista questa letteratura è stata influenzata indubbiamente anche dal Literary Canon perchè essa non può essere solo pura espressione poetica confidenziale. Si scrive anche per uno scopo: si scrive per raccontare, per mettere in discussione il potere, gli stereotipi, l''immigrato di serve della lingua canadese per avere più potere, quindi sfrutta la teoria.
Secondo me esiste sicuramente una necessità d'espressione dettata dalla nostalgia per la propria terra natia ma soprattutto per denunciare la proprio condizione di immigrato.
Inizialmente in mia opinione è anche possibile che i primi autori abbiano scritto dettati solamente dalle emozioni e dai sentimenti ma soprattutto dalla voglia di raccontare/denunciare la loro situazione. Penso anche che abbiano trovato nella scrittura non solo la loro affermazione ma anche una liberazione.
Parliamoci chiaro: la teoria non è facilmente accessibile e il processo di apprendimento della lingua e cultura canadese non deve essere stata facile per un immigrato. Credo sia stato un lungo processo ma la voglia, l'intelligenza, hanno portato ad assimilare e successivamente anche ad utilizzare la teoria per ottenere un risultato migliore.
Di più: la stessa letteratura immigrante ha successiavamente influenzato il canone.
Quindi appoggio la teoria della Beltra quando dice che è una mixture tra esigenza di espressione ma anche di consapevolezza che esiste una teoria da utilizzare per poter costruirsi uno spazio opportuno nella letteratura.
Successivamente questa teoria, la Beltra l'ha identificata con il postmodernismo.
Con questo termine infatti si intende l'intenzione dello scrittore di destrutturare la visione di un mondo binario e la sua categorizzazione, creando visioni molteplici mettendo quindi in discussione il potere, ovvero gli assunti epistemologici precedenti e gli stereotipi. Il poste modernismo racconta l'essere umano ed è quindi consapevole di influenzare, perciò pone attenzione alla teoria. Come punto di partenza c'è un autoconsapevolezze formale quindi che poi si develop in un gioco meta letterario: è un gioco continuo tra la storia, ovvero l'esperienza personale, con la teoria.
In conclusione, la teoria si basa sulla lingua e sul suo studio, quindi porta a riflettere sul suo codice. Essa diventa strumento di mediazione portano a due risultati: la minoranza usa la lingua del potere per avere potere e influenzarlo, ma si crea anche un processo di dialogo tra culture differenti che interagiscono tra di esse.