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PSICOLOGIA
La formula del ritardo cronico e calcoli se riesci a fare tutto
I procrastinatori abituali sono ormai un quinto della popolazione. Ora una formula algebrica permette di misurare le loro possibilità reali di riuscire a tenere fede a tutti gli impegni presi
di SARA FICOCELLI
PROCRASTINATORI abituali lo siamo un po' tutti, anzi è chi non lo è che dà nell'occhio e viene additato come "precisino". Noi invece amiamo vivere al cardiopalma: i regali di Natale? Li compreremo il 24. L'interrogazione? Studieremo domani. Quella telefonata di lavoro? Figuriamoci, c'è tempo. Per il 20% della popolazione mondiale rimandare a domani ciò che si può fare oggi è insomma una scelta di vita.
Uno scienziato canadese ha preso a cuore la situazione e ai procrastinatori cronici ha dedicato uno studio, riuscendo a tirar fuori la formula che permetterà loro di continuare sì a rimandare, ma di farlo sicuri di non "sforare" con i tempi. Piers Steel, psicologo dell'Università di Calgary, in provincia di Alberta, ha studiato il comportamento di 250 studenti universitari e formulato la seguente equazione: U=EV/ID. Dove U indica la probabilità di portare a termine un compito, che equivale al prodotto di E, l'aspettativa di successo, e V, il valore dell'adempimento, il tutto diviso per I, l'immediatezza della scadenza, e D, la sensibilità personale al ritardo. Se il risultato finale è inferiore a 3, il soggetto in questione è un procrastinatore cronico senza possibilità di riuscita. Che tradotto significa: prima o poi sarai costretto a dire a te stesso "Se solo lo avessi fatto prima...", che per un ritardatario doc equivale a rinnegare una parte della propria personalità.
"Per quanto riguarda il primo fattore dell'equazione - spiega lo psicologo Maurizio Brasini dell'Università di Roma Tor Vergata - non c'è dubbio che l'aspettativa di successo sia importante nell'intraprendere un'azione (se elevata) o nel rimandarla (se bassa). Il punto di vista più diffuso è che i procrastinatori abbiano bassa autostima. Non si rimanda il compito, ma il momento temuto in cui il fallimento sarà compiuto ed evidente". Il secondo fattore dell'equazione è invece il valore attribuito al risultato: più tieni a una cosa, più cerchi di ottenerla. "Anche questo tende a essere visto come un pregio - continua Brasini - Ma in fondo non è lo stesso meccanismo che, in chiave patologica, sostiene il comportamento dei giocatori d'azzardo? Il terzo fattore, che rientra tra gli elementi sfavorevoli, è la tendenza generale a rimandare le cose. E' un fattore misterioso. Pigrizia? Prudenza? La ricerca è vaga in proposito. Sembra comunque che tutto dipenda dalle esperienze passate. L'ultima variabile dell'equazione riguarda le conseguenze del fallimento: più gravi vengono ritenute, più si tende a rimandare".
Nel saggio "The Procrastination Equation: Today's Trouble with Tomorrow", Steel spiega che i procrastinatori sono aumentati molto negli ultimi anni, complici tv, telefonini, internet e videogame. Quando Benjamin Franklin, nel 1750, coniò l'aforisma "Non fare domani quello che puoi fare oggi" solo 1 persona su 20 era esperta nell'arte del rimandare, mentre oggi la quota è salita a 1 su 5. Secondo Steel, del resto, i procrastinatori sono i figli perfetti del nostro tempo, persone impulsive ed eccentriche, meno rispettose dei dettagli e degli obblighi verso gli altri. "Si tratta di un problema che può produrre danni a cascata - afferma - Specie con l'aumentano delle attività in proprio, in cui si autogestiscono tempi e risorse. La gente tende a rinviare le attività che prospettano un tornaconto posticipato, cosa che non accade se in palio c'è un premio immediato".
Finora gli esperti avevano associato l'arte del rimandare ai perfezionisti, che scansano ogni attività che non sia in grado di produrre risultati adeguati. Una ricerca condotta nel 1984 dagli psicologi Sondra Solomon ed Esther Rothblum aveva individuato ad esempio due tipi di procrastinatori, quelli "rilassati" e quelli "preoccupati". Secondo Steel, però, tutti fondamentalmente pensano di avere una marcia in più: "Queste persone - spiega lo psicologo - tendono a vivere il presente piuttosto che pensare al futuro. Per loro conta di più il guadagno a breve termine che quello di lungo periodo". Anche il professor il professor Michael Bender della Stony Brook University di New York aveva analizzato questo comportamento, creando un algoritmo in grado di valutare le strategie da attuare per portare a termine il maggior numero di compiti focalizzandosi sulle scadenze. La sua ricerca però si risolse in un buco nell'acqua.
"Quella che gli esperti chiamano ansia io la definirei piuttosto paura - conclude Brasini - L'ansia è una paura senza oggetto, ma qui l'oggetto della paura è evidente: il fallimento. Procrastinare dunque non è una mancata azione, ma un comportamento attivo, di fuga. Chi sa aspettare sa anche agire. E il procrastinatore è uno che non sa aspettare".
(9 dicembre 2008)
THE MODERNITY OF HAMLET
Procrastination can be defined as “the art of postponing commitments”. This theme is present in Hamlet, indeed the prince continuously postpones his father’s avenge. His inaction is due to his doubts about life and also to Freud’s conception of oedipal complex. So Hamlet is more modern than we think, indeed procrastination is very popular “problem” today, like you can note in article’s reading. In particularly adolescents tend to postpone his commitments mainly due to laziness, but procrastination is popular among adults. The most evident example is the economic crisis. The continuous postponing of policy measure take us to “edge of a cliff”, now everyone is put in front of a difficult situation that it due to our previous inaction. How many times you say I will do it tomorrow?
Hamlet represents all of us, an adolescent who isn’t able to take a decision and to act, maybe his inaction is due to desire to not grow, to face the difficult aspects of life like the marriage between his mother and his uncle. Are we perhaps adolescents? Life is not easy, it is not only fun, we would like if it is so but we have to be able to face our responsibilities sooner or later, indeed the present shows us it.